sabato 14 giugno 2014

Il Golem della comunicazione


Qell' imbarazzo del Ppe per la nipote del duce di Luigi Offeddu


Silvio il leader, io ho perso e torno al Secolo- Intervista a Italo Bocchino di Tommaso Ciriaco Rep


Nei Comuni assunzioni più libere di Gianni Trovati " Sole 24 ore "


Inversione di tendenza


INVERSIONE DI TENDENZA (def.): comportamento politico che ha molti punti in comune con la manovra automobilistica dell' inversione di marcia. Ne segue che era ( ed è) un tipo di movimento che è piaciuto molto alla DC, forse tanto quanto la reversibilità.Le inclinazioni naturali della DC, partito cattolico e borghese, non andavano di certo all' epoca, verso i socialisti (nonostante che con quest' ultimi spartì il Governo) e che, oltretutto erano materialisti storici e non volevano bene a Gesù.
Però siccome la DC era un partito violentemente strategico e poiché ciò che le stava a cuore, persino più di Gesù, era ( ed è) il potere, quando ci fu la minaccia di perdere la maggioranza o comunque di continuare ad arrovellarsi in una crisi pericolosa, fece un' inversione di marcia( e di tendenza) e andò verso i socialisti, trattandoli come fratelli e li pregò di condividere le gioie epicuree del banchetto governativo.
Le questioni ideologiche apparvero quisquiglie, a parte le infinite analogie esistenti fra socialismo ed evangelismo.
Poi quando si cominciò a bisticciare con i socialisti, l' allora ministro Moro, impose alla macchina governativa un' inversione di tendenza ancor più secca, mettendo in atto la strategia dell' attenzione. Si guardò oltre le spalle dei socialisti, addirittura provando una sorta di amore platonico e disinteressato verso i comunisti, ribadendo così una sostanziale parallelità ideale fra materialismo storico e paleocristianesimo.
Con Andreotti poi si capì che quell' amore era solo strategico e solo con il suo governo, definitivamente, la vettura ornata dello scudo crociato fece addirittura un' inversione ad " U " sulla strada del destino politico italiano, correndo così velocemente verso destra, come pateticamente era corsa verso sinistra, a riconciliarsi così con i vecchi amici liberali e persino con i missini. Il diavolo non è poi così brutto come lo si dipinge.
Poi di nuovo un' altra pagliacciata, un altro fulmineo trasformismo alla Fregoli: la DC invertì la direzione di marcia ( e di tendenza), riscontrando nella sua dottrina la palese identità con il marxismo. Tornò così dai socialisti chiedendo il tesseramento in massa dei suoi affiliati.
E in ultimo, in un'ulteriore crisi, la DC fece poi qualche chilometro a destra richiamando al Governo, nella compagine di centrosinistra capeggiata da Rumor, l' on. Andreotti che come ministro della difesa, mantenne relazioni di cordialità con la destra militare. 

La continua retorica del cambiamento

http://www.opinione.it/editoriali/2014/06/11/romiti_editoriale-11-06.aspx

Anche nel corso dell’appendice elettorale dei ballottaggi comunali si è usato a piene mani il termine “cambiamento”. Soprattutto i politici in lizza più giovani o più connotati dal profumo del cosiddetto nuovo, a prescindere dal partito di provenienza, hanno cercato di sfruttare questa eterna illusione di una democrazia di carta, emulando le gesta di un Renzi il quale, quando cominciava la sua inarrestabile scalata, prometteva un cambiamento a 360 gradi.
D’altro canto, impegnarsi a chiacchiere a concedere tutto a tutti non costa poi molto nell’immediato. Anzi, sembra che la favola di ottenere la quadratura del cerchio, riducendo la spesa pubblica e la relativa tassazione e contemporaneamente aumentando le prestazioni offerte dalla mano pubblica faccia ancora molti proseliti nel Paese di Pulcinella.
Ed è proprio su questa nuova frontiera del cambiamento di burla che un po’ tutti si lanciano, tanto a livello nazionale che locale. Tutto questo favorito in Italia da una oramai storica mancanza di una diffusa sensibilità sul piano economico-finanziario generale. E sebbene la tendenza ad una decisa perdita della responsabilità individuale si sia diffusa in ogni democrazia, mi sembra di poter dire che noi sotto questo profilo siamo all’avanguardia nel mondo. Altrimenti non si spiegherebbe come sia possibile assistere ad una forma di alternanza politica tutta basata sulle balle e la demagogia. In soldoni, tutti promettono meno tasse e più pasti gratis ad libitum e praticamente nessuno si pone la fatidica domanda: ma chi paga? Domanda che, in verità, la gran massa dei soggetti che finanziano il nostro colossale debito pubblico saranno i primi a porsi quando ci si accorgerà che nessuna seria riforma strutturale è stata realizzata dal Governo dei miracoli fiorentini. In realtà, parecchi analisti internazionali già da tempo dicono che le tensioni sui tassi italiani potrebbero riprendere a farsi sentire dopo l’estate, qualora nulla di concreto fosse stato messo in campo dall’attuale Esecutivo. Ma nel frattempo Matteo Renzi e i suoi tanti emuli sparsi sul territorio italiano potranno prendersi la loro trionfale tintarella, continuando ad illudere una società sempre più immobile che la vera soluzione consista nel cambiare tutto per non cambiare nulla. Dopodiché si farà sempre in tempo a trovare qualche comodo capro espiatorio a cui attribuire le colpe di un fallimento per noi liberali annunciato da tempo.
Fallimento di una democrazia acquisitiva che basa il proprio consenso sempre sullo stesso meccanismo espresso dal grande George Bernard Shaw in un suo celebre aforisma: “Un governo che ruba a Peter per pagare Paul, può sempre contare sull’appoggio di Paul”. Solo che in Italia si sta creando una “nuova” classe politica di imbonitori in grado di far sentire tutti come Paul, almeno sul piano delle aspettative. Ma con l’arrivo dell’ennesima valanga di inasprimenti fiscali, in primis la mazzata sugli investimenti finanziari in vigore dal primo luglio prossimo, si spera che qualche Peter inizi a prendere le distanze da codesta forma di catastrofico cambiamento.


di Claudio Romiti

venerdì 13 giugno 2014

FARANGE TRA SANZIONI AMMINISTRATIVE E DEFICIT DI RAPPRESENTATIVITÀ | CinqueColonne.it

FARANGE TRA SANZIONI AMMINISTRATIVE E DEFICIT DI RAPPRESENTATIVITÀ | CinqueColonne.it
Gli era stato concesso un ufficio elettorale vicino a LittleHampton che non ha pagato sin dal 2001 e ora ha da scegliere se arrendersi ad una multa da 20.000 sterline o se farsi un anno di carcere qualora la Commissione elettorale, decida di passare il caso ad un giudice penale. E' un riesordio al parlamento europeo irto di critiche, per Nigel Farage, capo del partito inglese Ukip, da sempre indipendentista e xenofobo. Tra sanzioni amministrative e l'ipotesi del carcere, deve molto anche a Beppe Grillo per lo tzunami di polemiche che si è abbattuto dopo i risultati delle Europee. L' Italia dal retaggio antifascista non ci sta e dissensi, critiche, provengono anche dalla base del movimento pentastellato che non vede di buon occhio l' ormai ufficializzata alleanza con il leder conservatore, di destra, sostenuto dalla grande finanza, scelto solo da 29.584 persone su 90 mila centometristi della rete. Astensionismo da 3.0 che distanzia la leadership dai suoi adepti e dagli elettori iscritti al sito della Casaleggio- Associati della prima ora e dell'ultimissima. Dubbi, perplessità colorano il posizionamento dell' Italia all'interno dell'area europea della rappresentanza, dove il Paese tricolore fa capolino con soli 73 deputati da piazzare sul totale di 751, possibilmente in gruppi parlamentari da 25 deputati provenienti da almeno 7 stati membri diversi.
C' erano davvero altre alternative per Beppe Grillo, marcatamente euroscettico e oltranzista? Come da regolamento del movimento -e mostrando affinità con le tre preferenze imposte dall'alto- rigorosamente obbligatorie che vorrebbero portare ora, i renziani della prima ora nell' Italicum-, l' orientamento degli elettori minoritari dei 5 stelle, boccia la preferenza di appartenere ai “ non iscritti “ preferendo acquisire una posizione di maggiore influenza e quella relativa all' ECR, espressione dei conservatori inglesi a cui spettano 46 deputati. Ora, dopo la votazione on line, l' Ukip di Farange che porta avanti 24 eletti, si unirà ai 17 di Grillo contando di trovare altri alleati tra i partiti di protesta all' eurozona, in piena crisi di rappresentanza, perché quel “7”, sembra davvero difficile da raggiungere.
L' Efd stravolge così gli asset su cui era sorto. Fino all' espulsione di Borghezio nel 2013, Farage è stato uno dei co- presidenti della corrente, insieme a Francesco Speroni della Lega Nord, portando avanti lotte contro la ratifica del trattato di Lisbona e gli orientamenti di accentramento burocratico. La Lega del neo-segretario Matteo Salvini, oggi invece, si distacca dal passato e appoggia i “non iscritti” di Marine Le Pen che contano 38 deputati nel gruppo. E i Verdi di José Bové, scartati dalle preferenze su cui l' elettore del movimento 5 stelle poteva esercitare il diritto di voto, nel parlamento europeo sono a quota 53 seggi abbracciando come da percorso politico, paesi come Germania, Austria, Inghilterra, Svezia, Olanda, Belgio, Ungheria, Croazia, Finlandia e Lussemburgo. Una rappresentanza garantita insomma, scartata dalla leadership del Movimento che ora si trova a dover integrare il suo programma con quello di Farange. L' ex broker del London Methal Exchange è infatti a favore dell' immigrazione qualificata, -quella che possiede una laurea- rispetto a quella di parassiti, dello shale gas, di un aumento del nucleare fino a coprire il 50% del fabbisogno nazionale, degli idrocarburi. E' in palese contrasto quindi, con molti punti del non- statuto del comico genovese che rassicura sul mantenimento del programma.
Ma ciò non arresta la corsa ai 104 nuovi deputati, da cui sono da escludere gli adepti di Grillo. Bisogna garantire la rappresentanza di ben 7 stati membri in un gruppo parlamentare composto da almeno 25 deputati. E il primo pericolo è rappresentato proprio dal ex socio di Farange, La Lega Nord che con Marine Le Pen è in corsa nel colmare il deficit di rappresentatività. Bisogna far presto, prima del 1 luglio 2014, quando il Pd, confluito nella corrente del S&D, i socialisti europei, avanzerà la candidatura per la presidenza del Parlamento Europeo.

mercoledì 11 giugno 2014

SAPNA: VERSO LA PROROGA E LE ASSUNZIONI | CinqueColonne.it

SAPNA: VERSO LA PROROGA E LE ASSUNZIONI | CinqueColonne.it
La Sapna verso la proroga di un anno. La società di gestione ambientale della Provincia di Napoli doveva cessare il suo mandato a giugno 2014. Il diktat partiva proprio dalla Regione Campania dopo che a gennaio, aveva approvato il riordino del ciclo dei rifiuti. E a ripartire sono anche le assunzioni. Sono 15 i posti messi a bando per “impiegato tecnico” indirizzati a chi sia in possesso di una laurea in ingegneria. In palio contratti a tempo determinato fino al 30 giugno 2014, salvo la proroga che è poi sopraggiunta.
Alla base c'è la difficoltà soprattutto per i Comuni di attuare la sprovincializzazione dei rifiuti prevista dalla legge nazionale. Perché se fino al 2013, il ciclo dei rifiuti era ripartito tra le Province-che si occupavano dello smaltimento attraverso la gestione degli impianti stir e il trasporto fuori Regione- e i Comuni che avevano come mansione la raccolta per strada dei rifiuti, ora il quadro è cambiato. E i maggiori problemi sorgono proprio in relazione ai bassi indici di riscossione della Tarsu, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Prima della legge nazionale infatti, i Comuni grazie alla riscossione della tassa, incassavano come da divisione dei ruoli, la parte della raccolta e le Province quella relativa allo smaltimento. Oggi invece ai Comuni toccherebbe anche lo smaltimento, oltre che la costituzione di Ato, ossia ambiti territoriali integrati in cui devono essere organizzati servizi pubblici integrati, come quello dei rifiuti. Ma a mancare sono ancora gli accordi con la Regione da parte di molti Comuni per la costituzione degli Ato, e la bassa riscossione della Tarsu ritarda i pagamenti dovuti alla Sapna in questa fase di transizione che tanto provvisoria non sembra essere più. Per il Comune di Napoli i debiti verso la Sapna ammontano a 38 milioni e 559 mila euro, la metà del totale dei debiti della società provinciale che si attesta sui 77 milioni e 245 mila euro.
Debiti dei Comuni nei confronti della Sapna aggiornata al 9 giugno 2014











sabato 31 maggio 2014

NAPOLI: IN VIA PONTI ROSSI ALLOGGI DI LUSSO MA DISABILI E RESIDENTI IN STRADA

Non si sa quanto residua dei fondi europei per completare l' ultimo tratto di via Ponti Rossi, quello in prossimità di piazza Grande. E a continuare sono i disagi dei residenti e dei disabili che necessitano di recarsi al Centro Minerva. Lavori bloccati da anni per il manto stradale. E a complicare le cose c'è anche un piano urbanistico attuativo presentato da un privato: la società Ponti Rossi srl.


Duemila residenti e più di 300 disabili in balia di un certificato antimafia. Perché la ditta incaricata di mettere in sicurezza e rifare il manto stradale di via Ponti Rossi, è stata bloccata da un' interdittiva prefettizia. E all'appello per completare i lavori, manca da due anni, l' ultimo chilometro prima di arrivare a piazza Grande. Il blocco avviene proprio in prossimità del centro Minerva che accoglie disabili gravi per i quali è necessaria la presenza di un accompagnatore. Senza contare il fatto che i marciapiedi previsti, non sono stati mai realizzati . “Alle fermate del pullman- dichiara un residente- siamo costretti ad aspettare all'interno della carreggiata”. 

Malumori, disagi mentre non si conosce quanto residua dei fondi europei 2007/2013, dal valore complessivo di 12, 3 milioni, con cui sono stati finanziati, oltre ai ponti rossi, più assi viari della città. C'è il rischio che le cifre programmate siano state già tutte spese e che per completare l' arteria di Capodimonte, siano rimaste solo poche briciole. Motivo per cui in sospeso, c'è anche la delibera comunale che dovrebbe apportare delle varianti per completare il progetto. Senza considerare il ruolo della Soprintendenza che dovrebbe dare il suo ok, giacché la strada va riasfaltata con cubetti di porfido, essendo storica. 

Ma sulla riqualificazione di via Ponti Rossi ha interferito anche un piano urbanistico attuativo (Pua) di iniziativa privata per la costruzione di 200 alloggi all'altezza del civico 20. Proprio da dove ha inizio il tratto di strada non completato. Nel 2010 la società ponti rossi srl, il cui amministratore unico è Francesco Coppola, dà inizio ai lavori. Un anno dopo, il 2 febbraio 2011, si aprono anche i cantieri per la messa in sicurezza e rete stradale di via ponti rossi finanziati dall' Europa che sarebbero dovuti terminare il 25 agosto dello stesso anno. Per evitare di costruire e smantellare poi di nuovo il manto stradale, si redige un cronoprogramma che favorisca la costruzione dell'impianto fognario degli alloggi previsti dal Pua e un suo allacciamento, agli altri impianti posti sulla strada in manutenzione. Ma qualcosa va storto. 

Tre anni dopo, il 10 maggio 2013 parte una relazione della direzione centrale infrastrutture del Comune di Napoli diretta alla commissione mobilità e infrastrutture dello stesso Comune. Si certifica che “i lavori sono stati momentaneamente sospesi e che saranno ripresi una volta realizzato il Pua di iniziativa privata”. A settembre dello stesso anno, cominciano anche gli scambi epistolari tra la III municipalità presieduta da Giuliana Di Sarno e l' assessorato al ramo di palazzo San Giacomo. Dopo una riunione la municipalità certifica che in realtà ad impedire i lavori è una difformità del Pua rispetto alla progettazione edilizia. Si fa riferimento al piano presentato dalla Ponti Rossi srl che vorrebbe trasformare l' ex fabbrica di ceramiche Visconti, ormai in disuso e stato di abbandono, in area a destinazione residenziale e commerciale. Ma nel portare avanti il progetto, l' impresa avrebbe occupato maggiori volumetrie rispetto a quelle previste, non essendo l' unica proprietaria dell'area occupata. Sullo spazio interessato coesistono infatti, anche i diritti di proprietà spettanti all' IACP e al Centro Minerva. Il 9 gennaio 2014 la municipalità richiede di convocare una nuova conferenza dei servizi, per la verifica delle opere stradali necessarie almeno alla messa in sicurezza di via ponti rossi. La riunione non ha mai avuto luogo, mentre la Ponti Rossi srl mette già in vendita gli alloggi in costruzione, qualificando alcuni di essi come “residenze di lusso a pochi passi dal parco di Capodimonte”. Sul cantiere, è affisso il cartello dove figura come impresa esecutrice la Italrecuperi, una delle aziende coinvolte nell'inchiesta per disastro ambientale su Bagnoli.





alloggi in cantiere del piano di iniziativa privata



Italrecuperi azienda esecutrice come cartello affisso fuori al cantiere

lunedì 5 maggio 2014

La gestione dei residui attivi e passivi prima dell' avvento di de Magistris

Dal momento che i residui attivi rappresentano rispettivamente, somme ancora da riscuotere e spese ancora da pagare, la loro analisi risulta fondamentale per capire se le spese complessive previste nel bilancio di competenza, riusciranno ad ottenere una copertura integrale dalle entrate previste. Ricordiamo che il bilancio di competenza è il documento contabile attraverso il quale si effettuano delle previsioni economiche che vanno poi verificate -se attendibili o meno- grazie all'approvazione successiva del  rendiconto consuntivo, alla conclusione di  ogni esercizio finanziario che ha durata annuale. 

La presenza dei residui attivi e passivi all'interno del bilancio di un qualsiasi Comune, impone un' analisi,non solo delle tipologie delle somme ancora da riscuotere  e delle spese ancora da saldare, ma anche una verifica dell' anno in cui esse vanno contestualizzate, ossia il loro grado di anzianità. 
Ma c'è di più. Ciò che occorre verificare, sono anche le performance del Comune per risolvere il problema relativo alla loro presenza in bilancio. E' quindi necessario constatare quanto l' ente si impegni nella riscossione (per sopperire alla mancanza di liquidità che giustifica la presenza dei residui attivi che vanno iscritti alla voce "entrate") e quanto si impegni nei pagamenti che se effettuati, andrebbero a ridurre il monte dei residui passivi. 
E' chiaro che, risolvere la problematica afferente ai residui attivi soprattutto, comporta un aumento della liquidità per il Comune, per cui consequenzialmente ci sono maggiori possibilità di ridurre anche i passivi. 
Inoltre, per la valutazione delle performance, va considerato anche l' atteggiamento prudenziale che il Comune intende assumere proprio in riferimento alle probabilità negative che potrebbero configurarsi, nel caso in cui non riesca a riscuotere quei residui attivi. 

A tal proposito vanno analizzati la costituzione e l' ammontare del fondo di svalutazione crediti che deve essere congruo e avere come riferimento il totale dei residui attivi stessi. La funzione di tale fondo è infatti proprio quella di sopperire al mancato incasso di quest' ultimi. 
Prima dell'avvento dell' amministrazione comunale targata de Magistris, la situazione era la seguente

  • Anno 2008: l' ammontare dei residui attivi era di 3.616. 137.137,66 euro . Quindi più di 3 miliardi e mezzo. La costituzione del fondo di svalutazione crediti era pari a 176.581.248,09 euro. La valutazione percentuale della copertura di rischio derivante dal mancato incasso era del 4,88%
  • Anno 2009: l' ammontare dei residui attivi era pari ad 3.477.241.817,40 euro. Il fondo di svalutazione crediti ammontava a 149.895.053,76 euro e la percentuale della copertura di rischio era pari al 4,31%
  • Anno 2010: il totale dei residui attivi era di 3.346.116.099, 02 euro. La somma destinata al fondo di svalutazione crediti era pari a 84.545.193,97 euro. 
All' interno degli stessi residui attivi -che come tali devono essere sottoposti ad azioni di ri-accertamento e quindi poi classificati in crediti di dubbia esigibilità e crediti inesigibili- i crediti di dubbia esigibilità ( quelli che presentano probabilità di riscossione con annesso incasso) nel:

  • 2009 erano pari a 285.333.160,75 euro
  • 2010 ammontavano a 227.411.143,43 euro ( con un decremento rispetto al 2009 del 20%).
Questi almeno furono i totali dichiarati dall'amministrazione comunale retta dalla Iervolino nel 2009 e nel 2010 per quel che concerneva i crediti di dubbia esigibilità. 
Il collegio dei revisori- presieduto dall'attuale assessore al bilancio Salvatore Palma- reputò opportuno invece, rielaborare l' ammontare dei crediti di dubbia esigibilità che si riferivano all'anno 2010. E da quella rielaborazione emerse che il totale era pari a 554.263.751,46 euro (rispetto a quelli dichiarati dell' ammontare di 227.411.143,43 euro) . Si trattò di una ricognizione che tenne conto del profilo giuridico di ogni entrata e dei tempi potenziali di riscossione sulla base di una proiezione a performace costante

Nel 2010 infatti, secondo il parere dei revisori l' amministrazione comunale non aveva ancora chiara la definizione di credito di dubbia esigibilità che andava classificato invece come un credito caratterizzato da un anomalo ritardo nei tempi di incasso per svariati fattori, quali:

  • carenze interne ( disfunzioni organizzative)
  • carenze esterne ( morosità del debitore, contenzioso) 
  • parziale riscossione in tempi relativamente lunghi 
  • non scadenza del termine di prescrizione
Per l' organo di controllo inoltre -soprattutto in virtù del fatto che non si fosse stimata una percentuale di realizzazione dei crediti di dubbia esigibilità, ossia una percentuale che indicasse anche forfettariamente la loro eventuale riscossione- il fondo di svalutazione crediti non poteva considerarsi capiente( ammontava a soli 84.545.193,97 euro, rispetto ai 3 miliardi e 346 milioni di residui attivi) e inidoneo alla sua funzione.

La capacità di riscossione poi, sempre per quei crediti di dubbia esigibilità, si attestava ad una percentuale:

  • nel 2010 pari al 18,31% 
  • leggermente inferiore al 2009 ( 18,36% ).
 Si tratta in sostanza di numeri troppo bassi per smaltire il monte residui attivi del 2010 che raggiungeva la cifra spropositata di 3 miliardi e 346 milioni di euro.

E anche per i residui passivi la situazione non era certo migliore. Nel 2010 il pagato -rispetto all'impegnato-registrava un incremento (25,88%) di poco superiore al 2009 (24,41%). Ma anche qui l' entità complessiva era tutt'altro che confortante. 
Al 31 dicembre 2010 l' ammontare dei residui passivi, ammontava a  3 miliardi e 379  milioni di euro presentando un incremento rispetto al 2009 ( 3 miliardi e 438 milioni ).








domenica 4 maggio 2014

L' andamento dei residui attivi e passivi nel Comune di Napoli: quanti sono in sostanza i soldi che mancano alle voci " entrate " e " uscite "




L' andamento dei residui attivi( somme ancora da riscuotere) e dei residui passivi ( somme ancora da pagare) del Comune di Napoli è riportato nel seguente schema che mostra l' ammontare di questi ultimi e il loro andamento a partire dal 2006:



Nella valutazione della performances di un Comune proprio in ordine ai residui attivi e passivi, è necessario valutare rispettivamente le  capacità di riscossione e di pagamento dell' ente e l' ammontare del fondo di svalutazione crediti. Si tratta di tre fattori che interagiscono tra loro nel causare il default economico-finanziario di un Comune. Una bassa capacità di riscossione, ritardi nei pagamenti e un fondo di svalutazione non adeguatamente costituito, sono stati infatti le tre principali cause del disavanzo ( spese che non hanno copertura integrale dalle entrate) che si è registrato all' interno del Comune di Napoli dopo l' approvazione del rendiconto consuntivo del 2011, un anno e mezzo dopo l' avvento di Luigi de Magistris.
La comprensione del perché si è arrivati ad aderire ad una manovra decennale di risanamento dei conti conosciuta come piano di Rientro, non può prescindere da un' analisi che colga la stretta interconnessione delle tre cause appena  citate. 

sabato 3 maggio 2014

Il ruolo del fondo di svalutazione crediti connesso alla presenza dei residui attivi

Il fondo di svalutazione crediti ha un ruolo connesso alla presenza dei residui attivi in bilancio. La sua funzione principale è infatti quella di compensare eventuali minori entrate iscritte nel bilancio, derivanti da crediti  divenuti parzialmente o totalmente inesigibili, laddove per inesigibili si intende non più riscuotibili. E' perciò un fondo, il cui ammontare, può preservare l' ente da possibili squilibri economico finanziari


A quanto deve ammontare il fondo di svalutazione di crediti, è una delle problematiche a cui ha risposto l' articolo 6 comma 17 del D.L 95/12 convertito dalla legge 135/12. 
Tale disposizione normativa ha stabilito che tale fondo deve essere costituito da un ammontare non inferiore al 25% dei residui attivi  iscritti ai titoli I e III delle entrate con anzianità superiore a 5 anni. Tradotto significa che deve essere costituito nella percentuale indicata (25%), da somme ancora da riscuotere che comprendono i tributi come Imu, Irpef, imposta di soggiorno, tares ( titolo I ) e da proventi ancora non riscossi che fanno riferimento alle entrate extra-tributarie, ossia a somme che derivano da servizi pubblici, dai beni dell' ente, dalla tassa di occupazione di suolo pubblico, dagli interessi che maturano sulle anticipazioni e crediti e dagli utili delle aziende e delle società.

Per i Comuni che hanno invece ricevuto le anticipazioni dalla Cassa di Deposito e Prestiti, l' ammontare del fondo di svalutazione crediti relativo alla parte dei residui degli stessi titoli prima citati (I e III, ossia entrate tributarie ed extra-tributarie), non deve essere inferiore al 30%, sempre per somme ancora da riscuotere con anzianità superiore a 5 anni ( crediti ad esempio che l' ente non incassa a partire dal 2009 e a ritroso, 2008, 2007...)
.


venerdì 2 maggio 2014

I residui attivi e passivi: cosa sono, come incidono nell' equilibrio di bilancio e quali classificazioni sono da fare in ordine ai residui attivi


I residui rappresentano un' altra delle componenti, insieme ai debiti fuori bilancio,
che possono contribuire al fatto che siano disattese le previsioni del bilancio previsionale rispetto al rendiconto.
Può accadere difatti, che non tutte le entrate programmate nel previsionale nel corso di un esercizio finanziario siano poi effettivamente riscosse e che non tutte le spese, sempre nel medesimo esercizio, siano effettivamente pagate. Ciò comporta che le spese ancora da riscuotere o ancora da pagare vadano a costituire i residui.
Questi ultimi si classificano in attivi e passivi. I residui attivi si riferiscono alle entrate e i residui passivi alle uscite.

Ora, proprio perché la presenza dei residui procura il più delle volte il disallineamento tra le entrate e le uscite previste( previsionale) e quelle effettive( rendiconto), è importante che un ente locale conduca una buona gestione dei residui che misuri non solo il loro ammontare ma che sia anche promotrice di una politica di smaltimento degli stessi soprattutto alla chiusura di ogni esercizio finanziario.
La politica di smaltimento è solo però la fase successiva di una preventiva operazione di riaccertamento dei residui attraverso la quale si valuta se effettivamente sussistono ancora le condizioni per conservare tali somme nel rendiconto alla voci di “ credito e debito “.

L' operazione di riaccertamento del resto non è un vezzo ma deriva da una specifica previsione di legge prevista dall' articolo 228 comma 3 del Testo Unico degli Enti Locali secondo il quale: “ Prima dell' inserimento nel conto di bilancio dei residui attivi e passivi, l' ente locale provvede all' operazione di riaccertamento degli stessi, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento in tutto o in parte dei residui “.


Una buona gestione ad esempio dei residui attivi e cioè delle somme ancora da incassare, presuppone una loro distinzione tra crediti di dubbia esigibilità che andrebbero mantenuti in bilancio perché la loro riscossione è considerata ancora probabile e crediti inesigibili reputati non più incassabili sulla base di svariate motivazioni che variano dall' anzianità del credito, alla condizione del debitore contemplando anche le disfunzioni organizzative interne dell' ente locale. Proprio tale tipologia di crediti ( quelli inesigibili) andrebbe stralciata dal bilancio, ossia cancellata, per evitare di inserire a copertura delle uscite, entrate fittizie e cioè inesistenti.

giovedì 1 maggio 2014

I debiti fuori bilancio del Comune di Napoli: uno dei fattori che incide nel disallineamento tra le previsioni del bilancio previsionale e il rendiconto consuntivo

I debiti fuori bilancio sono spesso la causa del default di molti Comuni. Comunemente sono definiti come i debiti che sono per l' appunto assunti da un ente locale al di fuori della regolare gestione del bilancio di previsione. Ciò significa che mentre nel bilancio di previsione sono programmati determinati impegni di spesa e di entrata, l' ammontare di questi debiti può spesso decretare un disallineamento tra le previsioni del documento previsionale e il rendiconto e creare un risultato di amministrazione negativo.


Nel Comune di Napoli, l' andamento dei debiti fuori bilancio, sin dal rendiconto 2007, è stato il seguente




mercoledì 30 aprile 2014

La gestione di competenza esiste anche se per molti consiglieri e assessori è ancora " questa sconosciuta "


Sono due i momenti fondamentali dal punto di vista contabile-finanziario di un ente locale: il bilancio previsionale e il bilancio o rendiconto consuntivo. Un passaggio teorico fondamentale per chi, in sede di consiglio, ancora si chiede: " Ma competenza chi? Dici a me? "
Perché lo sono? Il motivo è semplice. Ognuno di noi per poter fare degli acquisti deve prima verificare quanti soldi ha in tasca. La stessa operazione ha luogo nelle pubbliche amministrazioni ma in un arco temporale che fa riferimento ad un anno definito come esercizio finanziario.
Nel bilancio di previsione, un ente locale controlla di quante risorse dispone per il futuro e per l’ appunto fa delle previsioni, mentre il rendiconto consuntivo rappresenta quanto quelle previsioni di entrata e di spesa programmate nel bilancio previsionale, sono state attese o disattese.
Un ente perciò predispone prima un bilancio di previsione che deve essere approvato dal Consiglio comunale su proposta della giunta entro il 31 dicembre di ogni anno e poi necessariamente, dovrà approvare il rendiconto entro il 30 aprile dell’ esercizio finanziario di riferimento.

La gestione a cui fa riferimento il bilancio di previsione si definisce di competenza e le entrate e le spese sono denominate rispettivamente nei termini di accertamento e impegni. Solo una volta approvato il rendiconto perciò si può valutare quanto una previsione economica ha inciso effettivamente nella realtà.


Ci sono principalmente due fattori che incidono negativamente e che possono creare un disallineamento tra ciò che si prevede(bilancio previsionale) e ciò che accade( rendiconto consuntivo). Sono i debiti fuori bilancio e i residui